© Kurt Van der Elst

Alla Comédie di Ginevra per il Festival La Bâtie 2022, dal 26 al 28 agosto scorso, è andato in scena The sheep song della compagnia Belga FC Bergman. Un viaggio terrificante di una bestia verso la condizione umana, dove solo la bestia, però, sembra essere umana.

The sheep song è uno spettacolo che sorprende dall’inizio alla fine e che schiaccia il pubblico presente sulla poltrona in un turbinio di emozioni e di considerazioni. Il turbinio innanzitutto è visivo, ed è generato dal ritmo incessante della pièce, - sebbene questa sia senza dialoghi -, grazie ad una successione rapidissima di quadri che scorrono sulla scena su un tapis roulant al ritmo di una musica incalzante, presagio che nulla di buono succederà al nostro protagonista: The sheep.

La pecora, animale innocente e da sacrificare per antonomasia, sempre presente nell’iconografia medievale e in particolare nell’iconografia cristiana alla quale gli ideatori della performance della compagnia FC Bergman si sono lungamente ispirati, è simbolo religioso per eccellenza dell’essere perduto. In The sheep song il punto di vista da cui si parte è un altro: la pecora non è persa, ma in cammino. Dalla condizione di bestia, l’essere più innocente al mondo, decide di fare un percorso diverso, di conoscenza verso l’umano e l’umanità.

Eppure questo viaggio si rivelerà da subito difficile, incomprensibile e talvolta drammatico. Il messaggio è chiaro, e in fondo neanche tanto originale, quel facile «chi è più bestia?» è stato già sviscerato in altri contesti letterari e teatrali. L’originalità di The sheep song, e la bellezza indiscutibile dello spettacolo invece, stanno proprio nel modo in cui è stata costruita la storia e del come è stata raccontata. Ogni quadro è evocativo e suggestivo, per complessità e bellezza tecnica (le scenografie), per la musica, le luci e i costumi (bellissimi), e per il linguaggio scelto per raccontare questa storia: fortemente poetico e drammatico all’occorrenza e questo senza utilizzare una sola parola. Come è dunque evidente, sono soprattutto i corpi a farsi carico del racconto: la storia è letteralmente in movimento, sono i corpi che parlano, e questi sanno essere perfettamente sensuali, violenti, insensibili, a seconda dei casi.

E poi c’è The sheep, interpretato magistralmente dall’attore Jonas Vermeulen, che si destreggia dentro un costume molto pesante, risultato di una perfetta costruzione meccanica, e comandato a distanza per far muovere alcune parti della pecora, le orecchie, per esempio. Vermeulen fa vivere le emozioni della pecora, riesce ad umanizzarla e quindi a rendere il racconto credibile.

Una fiaba moderna che ci invita a riflettere sul senso e sul come del nostro vivere insieme e sentirci umani. Assolutamente da vedere.

 

Alcune scene possono urtare la sensibilità di alcuni.e spettatori.trici.

 

The sheep song

ideato da Jonas Vermeulen, Marie Vinck, Stef Aerts, Thomas Verstraeten, Joé Agemans, Matteo Simoni

con Jonas Vermeulen, Joé Agemans, Matteo Simoni, Yorrith de Bakker, Marie Vinck, Thomas Verstraeten

creazione luci Ken Hioco

creazione suono Senjan Jansen

creazione costumi Joëlle Meerbergen

muziek in live Frederik Leroux-Roels

diffusione Kristel Marcoen

comunicazione Kristin Hex

stampa Leen Van De Put

direzione tecnica Diederik Hoppenbrouwers

fotografia Kurt Van der Elst

produzione Toneelhuis, FC Bergman

co-produzione Holland Festival, Les Théâtres de la ville du Luxembourg, Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa

con il sostegno di De Tax Shelter van de Belgische Federale Overheid, Casa Kafka Pictures Tax Shelter powered by Belfius