nella foto Darya Dadvar

L’8 marzo scorso, Giornata internazionale dei diritti delle donne, il Teatro di Vidy di Losanna ha messo a disposizione del popolo iraniano la sala Apothéloz per una serata di musica e poesia intitolata Teheran Manifest, in sostegno delle donne iraniane.

Questo spazio di parola ha una valenza forte nel contesto politico attuale di continue violenze attuate dal regime islamico nei confronti degli oppositori, degli artisti, di chiunque osi esprimere un’opinione libera, con un accanimento particolare contro le donne, private del diritto di istruirsi e di mostrare il proprio corpo, e le persone LGBTQ.

In Iran, dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979, qualsiasi tentativo di protesta è stato represso nel sangue. L’ultima sollevazione popolare, ancora attiva, è nata all’indomani della morte, il 13 settembre 2022, di Mahsa Amini, una ventiduenne curda arrestata a Teheran dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo. Proprio in questi giorni, centinaia di ragazze sono avvelenate sui banchi di scuola per scoraggiare la loro voglia di imparare.

Il giovane attore Danial Seyed Aboudi, fuggito dall’Iran all’età di 15 anni, ha quindi sentito la necessità di organizzare l’evento, reso possibile grazie al sostegno dell’associazione svizzera “Femme, vie, liberté”, per dare voce al grido di dolore del suo Paese e spazio ai suoi artisti. In apertura di serata, ha tenuto a sottolineare la natura della mobilitazione avvenuta nel centro di Losanna lo stesso pomeriggio in piazza della Riponne: “Non chiamatelo movimento: è una rivoluzione!”

Nella prima parte della serata, le donne sono state le protagoniste assolute. Il pubblico ha ascoltato al pianoforte la virtuosa Layla Ramezan, accompagnata dal percussionista Shahab Eghbali, mentre Danial Seyed Aboudi recitava testi di poetesse iraniane e afghane (Rabe’eh Balkhi, Simin Behbahani, Forough Farrokhzad). Poi, la cantante lirica Darya Dadvar ha infiammato la sala, concedendo con generosità numerosi bis e suscitando due standing ovation. Quindi, è stata la volta del cantautore rock e rap Shahin Najafi, accusato in patria di apostasia e vittima di una fatwa a causa dei temi delicati che affronta nelle sue canzoni. È seguita una breve performance drag queen di Danial Seyed Aboudi, accompagnato da Reza Fathi. La musica di Nazanin Noori ha chiuso l'incontro, nel foyer del teatro.

L’aspetto più impressionante della serata è stato il clima festoso e di speranza che si respirava nella sala, straripante di spettatori, in maggioranza iraniani, con bandiere dell’Iran che sventolavano. Lo spettacolo si è svolto tanto sul palco quanto in mezzo al pubblico, che partecipava e interagiva con gli artisti. Lo scambio di emozioni è avvenuto con particolare intensità durante la performance della sublime Darya Dadvar, che ha esordito affermando: “Non avrei neanche voglia di cantare con quello che sta succedendo”. Ha ricordato le persone care che molti di loro avevano perso in patria. Poi, ha steso le braccia verso il pubblico dicendo: “La mia voce è vostra”. E da quel momento le luci, blu, rosse, hanno rivestito il pavimento spoglio. Un'altra nota importante della serata è il fatto che tutte le esibizioni sono state più volte interrotte, o meglio accompagnate, dal grido dello slogan ripetuto come un mantra: “Donna, vita, libertà”, in francese (“Femme, vie, liberté”) e in persiano (Zan, Zendegi, Azadi).

 

Teheran manifest

Teatro di Vidy Losanna

Concezione: Danial Seyed Aboudi

Con: Dimitri Artemenko, Darya Dadvar, Reza Fathi, Alberto Malo, Shahin Najafi, Nazanin Noori, Mimmo Pisino, Layla Ramezan, Sacha Ruffieux, Danial Seyed Aboudi, Vadim Sher.

Suono: Laure Betris

Costumi: Letizia Compitiello

Amministrazione: Marie Halm

Produzione: Compagnia Payan

Con il sostegno di: Donatori privati, Associazione Femme Vie Liberté, Teatro di Vidy Losanna.