After a Revolution

Si è conclusa il 13 marzo scorso la 20esima edizione del FIFDH di Ginevra. Il Grand Prix è stato assegnato al film After a Revolution del regista italiano Giovanni Buccomino.

Giovanni Buccomino ha impiegato 6 anni per filmare e completare il documentario After a Revolution, premiato in questa edizione del Festival Internazionale del Film sui Diritti Umani con il Gran Prix. Al centro di questo lavoro c’è un paese, la Libia, che appare in ogni immagine devastato e come spezzato. Polvere e detriti ovunque, che sono anche quelli che si ritrovano sedimentati nelle persone, in particolare nei due fratelli protagonisti della storia, Haroun rimasto fedele a Gheddafi e Myriam che si batte con i separatisti. E questi detriti, reali o metaforici che siano, generano disperazione in chi auspica un cambiamento reale e rapido del paese.

Buccomino ha fatto la scelta di seguire per diverso tempo questi due giovani, come se volesse scrivere, con immagini, un diario intimo di un fratello fragile e ribelle e di una sorella, Myriam, mamma di due bambini, donna coraggiosa e molto attiva in politica. La camera li segue per settimane a Bani Walid città in cui abitano, a Tripoli centro politico e in Tunisia, paese in cui Myriam è costretta a fuggire per un po’ di tempo.

Myriam è una donna che si muove in ambienti e territori ancora di totale dominio maschile e, in questi ambienti, in cui non è ben vista, nel corso delle elezioni in cui lei è candidata, sarà facile preda (raccoglierà infatti appena 8 voti), di coloro che le avevano promesso sostegno e poi hanno cambiato bandiera per interesse. La sua sembra essere una voce inascoltata. E l’arrivo dell’ISIS sul territorio nazionale non migliorerà di certo la situazione.

Il regista italiano, che in passato ha diretto La valle della luna o Freedom Fields, ha il pregio di raccontare, con relativa delicatezza, una storia che poteva essere ben più raccapricciante e violenta, con bei momenti cinematografici, in cui i volti di Haroun e di Myriam sono un’immagine perfetta di semplicità, di voglia di vivere, di amore per il loro paese, anche tra le lacrime e nelle delusioni più cocenti. Ciò detto, in After a Revolution sembra mancare qualcosa: per un pubblico attento e non necessariamente esperto della situazione politica in Libia nell’ultimo decennio, non ci sono riferimenti chiari agli eventi esterni e ai relativi cambiamenti avvenuti nel corso degli anni nel paese. Inoltre, una cronologia interna nella storia dei due fratelli avrebbe aiutato a dipanare e a collegare i fatti privati agli eventi politici.

Un racconto intimo, come già detto, quello di Buccomino, a tratti bello e intenso, nel quale però si sente la mancanza di digressioni di più ampio respiro. Inoltre, sul finire, l'arrivo di Myriam, con marito al seguito, a Ginevra, all'ONU, sembra un momento slegato dal resto della storia, in cui anche i paesaggi stonano e la polvere e la distruzione libica diventano ancor di più inaccettabili e vergognose.

Questi gli altri film premiati alla 20esima edizione: Premio Gilda Vieira De Mello ex-aequo ai film Angels of Sinjar di Hanna Polak e El silencio del topo di Anaïs Taracena; Premio Giuria dei giovani a Invisible Demons di Rahul Jain. Per la sezione Grandi reportage è stato premiato White torture di Narges Mohammadi; per la sezione Fiction, ex-aequo i film: Vera Dreams of the Sea di Kaltrina Krasniqi e Freda di Gessica Généus. Premio Impact Days per Peace For Nina di Zhanna Maksymenko-Dovhych.

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