Nella foto: Pascale Kramer

È estate, fa caldo, una giovane mamma tiene fra le braccia una poppante seminuda accanto a una piscina. La donna butta nella vasca un sacchetto di caramelle. Lì accanto stanno allineati i cassonetti della spazzatura.

È l’incipit di un romanzo a darne la temperatura. La temperatura di Brutale è il risveglio di Pascale Kramer è l’inquietudine. 

Si afferma che tutto è “assolutamente calmo”, ma già alla seconda frase si insinua il dubbio: la superficie della piscina è infatti “pressoché immobile” (corsivi miei) e il testo, così come la vita dei personaggi, è in seguito bucherellato da una serie di “quasi” disturbanti che permettono di esplorare le falle di un’apparente perfezione. Quale gioia è più grande della maternità? I dettagli del sacchetto di caramelle che intacca la pulizia dell’acqua e la presenza dei cassonetti della spazzatura guastano subito il quadretto idilliaco.

La giovane prende coscienza con angoscia della propria solitudine, delle nuove responsabilità cui non può sottrarsi e della fragilità della creatura incollata alla sua pelle che ormai dipende da lei, per sempre. Il marito è una voce nel cellulare squillato un’ora prima, i genitori non ci sono. Il tempo è dilatato all’infinito, la vita ruota attorno ai bisogni primari della neonata. È il 2004 e siamo a Los Angeles, California, dove abita tre o quattro mesi all’anno anche l’autrice, originaria di Ginevra, ma parigina di adozione.

Il romanzo è la descrizione delle conseguenze di una doppia deflagrazione: la nascita di Una – che fa esplodere l’universo familiare, lavorativo e sociale della neomamma Alissa – e l’ordigno che ha mutilato sul campo di battaglia il reduce dell’Irak Jim, marito di Audrey, la migliore amica di Alissa. Il corpo è arbitro, o meglio tiranno, della libertà individuale e collettiva. La retorica ufficiale che glorifica le gioie della maternità e dell’eroismo militare è denudata. I personaggi devono far conto con le proprie scelte – che forse scelte non sono – e con se stessi, con le debolezze e le meschinità che spesso non sono disposti ad ammettere neppure nell’intimo, per pudore, orgoglio, ipocrisia e ancor più per paura. Si interrogano (e noi ci interroghiamo assieme a loro): c’è davvero o c’è solo amore fra coniugi e fra genitori e figli? Dov’è casa? Le persone vicine sono come credevamo o la complessità che ognuno nasconde ce le rende in fondo sconosciute? È questa la vita che volevamo? C’è una scappatoia o siamo inesorabilmente in trappola? Attorno a queste domande è costruita la tensione narrativa del romanzo. Il lettore si chiede se per ritrovare la libertà la neomamma fuggirà, commetterà un infanticidio, un suicidio, o se invece tradirà il marito Richard col vicino di casa che la attrae. Nel dedalo di piste su cui la narratrice conduce la trama, il finale sorprende. D’altro canto, l’interesse principale del libro non risiede tanto nel modo in cui si conclude quanto nell’esplorazione della profondità dell’essere umano. Come afferma Pascale Kramer in un’intervista: “La letteratura rimane l’unico luogo in cui si hanno il tempo e lo spazio per dire le cose in tutta la loro complessità”.

copertina KramerbisLe lacerazioni e le fatiche del diventare madre – nucleo tematico del romanzo – sono ancora oggi un tabù.

L’abnegazione materna è considerata tanto naturale da non essere percepita come sacrificio. Invece, ogni nascita porta squilibrio ed è sulla madre, pur senza arrivare agli estremi della depressione post partum come in Brutale è il risveglio, che ricade il peso maggiore. Il romanzo ha il merito di scandagliare con onestà i sentimenti ambivalenti e inconfessabili di qualsiasi madre e in tal senso abbraccia un’estetica del brutto, intesa non come contrario del bello, ma come regno del complesso, del dubbio, dell’ibrido, del caos, della trasgressione di norme e convenzioni, suscitando sentimenti contrastanti anche in chi legge. Alissa osa sussurrare alla figlia in un momento di esasperazione: “Non ti amo”. Eppure, l’autrice non è madre, come rivela Luciana Cisbani, l’eccellente traduttrice del romanzo in italiano: “ci siamo rese conto di essere entrambe single e senza figli, oltre che coetanee”. Come può una non-mamma capire? Rileggo il libro qua e là per scovare delle falle. Non ne trovo. Pascale Kramer ha una sensibilità e una capacità di ascolto stupefacenti. Probabilmente due donne che non hanno avuto figli conoscono meglio il sapore di ciò che si perde.

In un articolo su La lettura, un altro grande scrittore, il neopadre Marco Missiroli, confessa con sguardo lucido e coraggio la quotidiana tentazione di latitare e di scaricare il fardello sulla moglie. Volente e nolente si fa carico di una buona dose di stanchezza e del legame privilegiato con la neonata che pure lo priva in parte della sua individualità. Ci fa agognare l’avvento del maschio moderno di cui lui è uno degli ancora troppo rari esemplari in circolazione. Per questo motivo Brutale è il risveglio è un’ottima lettura non solo per le donne – madri che possono mettere parole su sentimenti confusi e sensi di colpa – ma anche e soprattutto per gli uomini – padri che rientrano dopo il lavoro ignari, in buona o in cattiva fede, del tumulto interiore delle compagne – e in generale per chiunque desideri entrare nell’universo di una neomamma, in balia delle attese insostenibili della società.

Brutale è il risveglio, vincitore del Grand Prix du roman de la société des gens de lettres, del Prix Schiller e del Prix Rambert, è un’opera di maturità di Pascale Kramer, premiata per l’insieme della sua opera con il Grand Prix Suisse de littérature nel 2017 e autrice di testi come Manù (tradotto in italiano nel 1995 per Cronopio), Les vivants (2000), Retour d’Uruguay (2004) e Une famille (2018).

 

Pascale Kramer, Brutale è il risveglio, Latina, Tunué, 2020, 139 p. (Titolo originale: L’implacable brutalité du réveil, Paris, Mercure de France, 2009.)

Per approfondire:

  • Ursula Böhler, Jean-Philippe Coen, “Une écriture implacable: présences du politique dans l’œuvre de Pascale Kramer”, Versants, vol. 1, n. 67, pp. 61-75, https://doi.org/10.22015/V.RSLR/67.1.9

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.