La casa, una sedia, l'enorme foto di Peppino. Una madre, un figlio, due vite fatte di lotta e coraggio, due esistenze tra la vita e la morte. Felicia, che trascina per casa il suo dolore atroce, perché per quel dolore fuori non c'è posto, in fondo Peppino se l'era cercata era il pensiero di molti.

Dentro quelle mura questo dolore è assordante, accecante, debilitante: questa donna arriva a procurarsi un ematoma al cervello per via dei pugni che si dà alle tempie per una ragione che non riesce a trovare e che non esiste. Eppure è un dolore intimo, non plateale, ma palpabile, tangibile seppur non vengano versate lacrime. Ad essere “versati” sono fiumi di racconti a chi varca la porta di quella casa. Una casa che non ha aperture solo su Corso Umberto a Cinisi in provincia di Palermo (eppure la gente del luogo la schiva), ma è una finestra che si affaccia sul mondo.

Una casa aperta a tutti, ai giovani che giungono da ogni dove e che una volta entrati, da quel divano di pelle marrone, non vogliono più alzarsi perché oltre a conoscere meglio Peppino dalla voce della madre, oltre a rimanere affascinati da questa donna che riesce a esprimere tutta se stessa con il cinisaro, la mimica gestuale e la profondità dei suoi occhi, prendono consapevolezza di se stessi.

Sì, il loro viaggio inizia proprio da quella casa, non è più la meta. E viaggiando e sognando arrivano a destinazione: sapere da che parte stare. È lì che abiteranno la loro vita, fondata sul valore dell'onestà, arredata dal senso di giustizia e illuminata dal voler fare la propria parte.

Tra questi giovani anche Mari Albanese e Angelo Sicilia, che oltre a vivere la bellezza di quel viaggio, assaporano il piacere della sosta, fermandosi e soffermandosi in quella casa per ore, giorni, mesi. Fermi davanti a Felicia ma in movimento e in fermento con la testa e con il cuore. Con lei è un continuo parlare, porgerle domande, ridere, talvolta piangere, ascoltare e ascoltarsi, conoscere, conoscersi e riconoscersi. E da questi momenti di scoperta e conoscenza Mari e Angelo entrano in un rapporto intimo con Felicia, la quale diventa per loro, rispettivamente, mamma e nonna, per poi fare scelte ben precise maturate durante quegli incontri.

Mari diventerà un'insegnante brillante che porterà tra i banchi di scuola le storie degli uomini, delle donne, dei bambini simboli della lotta alla mafia ed emblemi di legalità, facendo appassionare i bambini e le bambine, gli studenti e le studentesse, che vedono nella libertà, nella cultura, nell'impegno il baluardo delle loro esistenze.

Angelo toglierà le armature alle sue marionette per dare vita ai pupi antimafia, mettendo in scena la vita di Peppino, di Falcone e Borsellino, ma anche quella di Padre Pino Puglisi, del giudice Livatino, Lia Pipitone, il piccolo Giuseppe Di Matteo e di tante altre vittime innocenti.

È proprio da questo stare insieme a Felicia che nascono delle meravigliose conversazioni, che i due giovani hanno avuto l'intuito di raccogliere attraverso registrazioni audio e video. A quei tempi non pensavano dovessero diventare uno scrigno prezioso, era solo un modo per fermare il tempo e rivivere Felicia quando il tempo se la sarebbe portata via. E lei si è fidata e affidata a loro due, accogliendoli, aprendosi senza remore né filtri, donando loro un racconto di sé vero e autentico.

A distanza di quasi vent'anni, né i ricordi né le registrazioni hanno sbiadito l'intensità di quei dialoghi, che oggi rivivono nelle pagine di IO, FELICIA, Navarra Editore. Un titolo che racchiude un Io gigante perché questa donna minuta ha una forte personalità sin da piccola: rinuncia a studiare pur di non rinchiudersi dalle suore, rifiuta un promesso sposo perché non lo ama veramente, si ribella al marito e al suo mondo “impastato” con la mafia. Una donna combattiva, per quei tempi fuori dal comune, con le idee chiare, che non scende a compromessi, ma vive abbracciata ai suoi valori, in primis alla giustizia che per tanti anni attese. Eppure questo IO gigante diventa piccolo quando parla di suo figlio: davanti alla grandezza di Giuseppe (così ama chiamarlo), Felicia fa sempre un passo indietro dando risalto soltanto a lui, ai suoi ideali e alle sue idee, alla sua determinazione, alla sua intelligenza, alla sua intelligente ironia e al suo vivere con coraggio a cento passi dalla mafia. Che poi determinata, intelligente, ironica, rivoluzionaria è anche lei.

Accompagnano questi dialoghi le foto in bianco e nero di Pippo Albanese, un tempo diapositive, piccolissimi rettangoli, che in 24X36mm immortalano tutta l'intensità e l’immensità di questa piccola grande donna, con le sue rughe e i suoi occhi che mai hanno smesso di sperare. Intensa anche la lingua in cui si esprime e che nel libro, per scelta stilistica, viene mantenuta.

Ad approfondire la tematica la postfazione del Prof. Vincenzo Pinello, che mette in risalto la forza comunicativa di Felicia, con un linguaggio che è tutto suo e che riesce a varcare i confini della sua Cinisi.

Ad emozionare la prefazione di Luisa Impastato, la nipote di Felicia: con delicatezza e infinito amore racconta della nonna, del loro legame speciale e del passaggio di testimone, facendo rivivere la sua forza, come donna e come madre, e il desiderio di giustizia, verità e libertà che l'hanno accompagnata in ogni giorno della sua vita.

Questo libro è un appuntamento con la storia e con le emozioni, un'immersione nelle conversazioni che lascia senza fiato. Sarà come “assittarsi” di fronte a lei, proprio come hanno fatto Mari e Angelo, per lasciarsi coinvolgere dai suoi racconti inediti, aneddoti, riflessioni, pezzi di vita sin da quando era bambina.

Leggendo lei e di lei, chiacchierando con lei (è come se realmente si stabilisse un rapporto dialogico tra il lettore e Felicia), emozionandosi e commuovendosi, si apprenderà una grande lezione: non lasciarsi annientare dal dolore ma dargli un’altra forma e un'altra forza, proprio come ha fatto lei che quel dolore lo ha cullato, lo ha custodito ogni giorno e per tutti i suoi anni, riuscendo, però, a trasformarlo e a farlo diventare narrazione prima e poi impegno, memoria, lotta, riscatto, resilienza e testimonianza attiva.

Un libro emotivamente coinvolgente, che racconta e che fa riflettere, che accarezza e scuote, che libera il pensiero e la voglia di essere non a 100 passi ma anni luce lontani da tutte le mafie e sempre più vicini alla bellezza.

Un libro che è anche un testamento perché Felicia ci lascia un'importante eredità: “Dovete camminare con la testa alta, sempre! Ci facciamo colpevoli ogni volta che ci giriamo la testa per non vedere. Ora, per l'amor di Diu! Non è che vi dovete mettere frontali contro la mafia comi fici me figghiu Giuseppe, ma averr u curaggiu di dire “no, non ci sto”.

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.