nella foto Fabio Geda

In occasione delle Giornate dell’italianità organizzate dal prof. Toni Cetta e dalla prof.ssa Anna Palmieri Annese, il due dicembre scorso alla HEP di Losanna, lo scrittore italiano Fabio Geda, conosciuto soprattutto per il suo libro Nel mare ci sono i coccodrilli, ha incontrato, nel corso della mattinata, gli studenti e le studentesse di diversi licei del Cantone del Vaud e alcune classi del secondario I.

Un successo probabilmente inatteso quello de Nel mare ci sono i coccodrilli, libro tradotto in tantissime lingue, che ha permesso a Fabio Geda, educatore per minori con disagi, da quel momento di girare il mondo e incontrare il suo pubblico, spesso giovani, perché nei suoi libri i protagonisti sono in molte storie degli adolescenti, come in Anime scalze (Einaudi, 2017), o in Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, libro d’esordio del 2007, solo per citare qualche titolo tra i tanti libri scritti dallo scrittore torinese. Le Giornate dell’italianità a Losanna sono state l’occasione per incontrarlo e per fargli qualche domanda:

«Fabio Geda, gli adolescenti sono molto spesso i protagonisti dei suoi libri, ciò è dovuto al suo lavoro di educatore che inevitabilmente le faceva conoscere tanti giovani o c'è anche qualche altro motivo?»

«L’adolescenza è un periodo della vita straordinario sotto molti punti di vista, anzitutto il fatto che la struttura stessa del cervello adolescente la renda l’età in assoluto più sensibile al piacere, alla bellezza, al dolore. È una seconda nascita, ma una nascita di cui, a differenza della prima, in qualche modo siamo e resteremo consapevoli. Mi sono sempre trovato a mio agio con gli adolescenti, mi piaceva avere il loro mondo al centro dei miei pensieri quando lavoravo come educatore e continua a piacermi adesso che invece li indago soprattutto attraverso le storie. A questo si aggiunge il fatto che hanno enorme bisogno di adulti che sappiano stare con loro, dentro una relazione sana, di adulti che sappiano ascoltarli. Quindi, insomma, è una situazione in cui mi fa piacere stare, cosa che penso faccia parte dei compiti di un adulto che crede, come me, nell’esistenza di una comunità educante».

«Ci sono dei legami tra i suoi personaggi, o alcuni di essi, e l'adolescente Geda?»

«Io ho avuto una splendida adolescenza: felice, serena, trasparente. Me la ricordo alla perfezione, a differenza dell’infanzia, di cui invece ricordo pochissimo. Non so chi ero e cosa pensavo a otto anni o a dieci anni, mentre so perfettamente chi ero e cosa pensavo a quindici, a diciassette, a venti. Forse questo è anche il motivo per cui scrivo libri con adolescenti protagonisti, e a volte pensando anche a degli adolescenti lettori, mentre non scrivo libri per l’infanzia. Quindi sì, ci sono dei legami tra i miei adolescenti e il me adolescente, nel senso che il me adolescente gioca a ritrovarsi nelle storie che scrivo e viene costantemente evocato dagli incontri con ragazzi e ragazze delle superiori».

«Anime scalze è un libro ambientato a Torino, Nel mare ci sono i coccodrilli in Afghanistan, Pakistan, Iran... è uguale la sofferenza degli adolescenti in qualsiasi parte del mondo?»

«C’è qualcosa in comune tra gli adolescenti ovunque essi vivano sulla Terra - ad esempio la ricerca dell’identità e la trasformazione delle varie aree del cervello, che durante l’adolescenza sono sottoposte a un vero e proprio terremoto- ma ci sono anche grosse differenze dovute alla cultura, agli stili di vita, alle aspettative della società. Una cosa è essere una adolescente italiana con in testa le scuole superiori, l’università, i viaggi da fare in futuro con gli amici, la festa del diciottesimo compleanno, altra cosa è essere una adolescente, che so, afghana, sepolta sotto un velo, costretta a sposarsi con qualcuno che non si è scelto a volte ben prima dei diciotto anni, costretta dall’ottusità della teocrazia al potere a non andare a scuola e via dicendo. È il mondo attorno agli adolescenti che modifica l’adolescenza».

«La scrittura ha sempre fatto parte dei suoi pensieri e dei suoi sogni oppure è arrivata un po' per caso?» 

«Ho sempre amato le storie, qualsiasi forma esse prendano: cinema, letteratura, musica, fumetto, fotografia, incontri, viaggi. Volevo lavorare con le storie e in parte l’ho fatto anche facendo l’educatore, che è un mestiere estremamente narrativo. La scrittura l’ho sempre praticata nel tempo libero, come sfogo, come divertimento, e alla fine è diventata un lavoro, cosa per cui mi sento immensamente fortunato».

«Il protagonista de Nel mare ci sono i coccodrilli, non è un personaggio ma una persona in carne e ossa che vive oggi a Torino. Visto lo straordinario successo del libro, e l’esposizione mediatica che avete avuto entrambi, lei in quanto autore e Enaiat in quanto protagonista, si è pentito di averlo coinvolto in questa avventura narrativa che in fondo ha svelato a tutti la sua vita privata e i suoi pensieri più intimi?»

«Pentito no. Anzi, so di avergli regalato (e lui ha regalato a me) un'opportunità straordinaria. Opportunità che Enaiat ha saputo cogliere con estremo equilibrio. Enaiat è uno riservato, che si offre al pubblico solo quando ha voglia e quando invece preferisce ritirarsi lo fa con decisione e con serenità, senza guardarsi troppo attorno. Ora, ad esempio, è in uno di questi momenti di ritiro, ma so che quando avrà piacere di tornare a esporsi per fare della propria storia e della propria esperienza qualcosa di utile per gli altri, lo farà».

«Che idea ha della Svizzera, di un paese che ha avuto nel passato una storia di accoglienza importante?»

«Sono stato in Svizzera molte volte e sempre con grande piacere. È come dice: la Svizzera ha una grande tradizione di accoglienza e incontro e mescolamento. Una tradizione a cui gli altri paesi, soprattutto quelli confinanti, dovrebbero guardare con attenzione. Poi, insomma, io amo la montagna, in Svizzera la montagna è ovunque, dietro ogni casa, in fondo a ogni strada, e per me guardare una montagna è come respirare».

«Quando ci si presenta, le parole che si scelgono non sono mai casuali e possono rivelarci particolari interessanti delle vite delle persone. Fabio Geda, si può presentare in poche righe? Prima però le faccio la domanda: "Fabio, può raccontarmi la sua storia?"»

«Sono nato a Torino da padre piemontese e madre siciliana e credo di aver assorbito qualcosa da entrambe queste culture regionali: da un lato la tendenza a muovermi senza fare troppo rumore e dall’altro il calore nelle relazioni. Ho avuto la fortuna di frequentare da ragazzo ambienti stimolanti: il gruppo scout in cui sono cresciuto e dove ho imparato a guardare il mondo chiedendomi cosa io possa fare per renderlo un luogo migliore, una città come Torino che ha reso facile coltivare la mia passione per la scrittura e mi ha offerto continue occasioni di confronto, una città che anche se amo viaggiare considero il luogo perfetto in cui tornare. Ho lavorato come educatore per dodici anni, un’esperienza fondante. E ora scrivo: lavoro che spero di fare per il resto della mia vita».

 

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.