nella foto Silvia Gian © Pascal Ito

Les affamées di Silvia Gian, pubblicato dalla casa editrice francese leseditionsovadia (2023), sarà presentato a Ginevra l’1 febbraio 2024 alla Librairie Le vent des routes alle ore 18. Del libro ne abbiamo parlato con l'autrice.

Les affamées di Silvia Gian, di Torino giunta in Svizzera nel 2015 e d’allora professoressa di italiano in un liceo di Losanna, è un libro ricco di idee e di spunti di riflessione (ogni capitolo potrebbe essere un libro a sé), ed è un testo che ti fa sorridere, a tratti ridere e, in certi momenti, anche inorridire. Questo perché il rapporto che abbiamo con il cibo, e con il nostro corpo, tema principale del testo, è in grado di scatenare in noi emozioni e reazioni variegate e anche spropositate.

La protagonista del libro è una donna, Elle, di cui impariamo a conoscere le sue idee sulla vita e la società, e soprattutto le sue esperienze legate al cibo. Silvia Gian, con ironia, e spesso anche con sarcasmo, non esita a mostrarci come la nostra società si sia adagiata a norme estetiche e culturali che ci obbligano ad essere in un certo modo, a mangiare in un certo modo e a dover rispettare canoni mai scelti o voluti. Elle si abbuffa, con il piacere di farlo, Elle soffre perché mal sopporta gli sguardi dei maschi che la vorrebbero magra, diversa, come le altre, ma ad un certo punto se ne frega, Elle vomita perché si è ingozzata di tutto. Elle vomita perché sta soffrendo maledettamente.

«Elle a aussi commencé à manger à cause d'eux, pour les éloigner plus vite, pour désobéir de manière évidente à leur dictature, pour ne pas prendre le risque de leur plaire, pour les envoyer se faire foutre».

Quello che mangiamo, e il quando e il come, siamo noi; è la nostra storia di famiglia, sono la nostra infanzia, i nostri traumi, le nostre trasgressioni mature: godere di un pranzo o vomitarlo significa parlare dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni, del nostro Io più profondo.

«Elle ne veut plus être une malade de faim, elle veut guérir, elle se fiche désormais de la migration, des explications, de l'acceptation, de la pensée positive, de la body-positive, de la méditation, de la pleine conscience. Elle arrête également l'effort hypocrite de se plaire devant le miroir en observant d'une fausse bienveillance la mystérieuse beauté de ses chevilles fines ou de ses yeux. Rien ne va plus. La seule vérité est cette angoisse du corps qui prend le dessus sur sa propre vie».

Silvia Gian, all’esordio con un libro tutto suo (in passato ha scritto e pubblicato racconti in opere collettive), ha il grande merito di affrontare, da più punti di vista, tutti questi aspetti legati al cibo e al corpo, e lo fa con una scrittura cruda, asciutta, che va diritta all’obiettivo: profanare una società in cui la norma deve essere necessariamente rispettata e a cui tutti si devono attenere. Sull’altare ci sono i corpi delle donne. La scrittrice non esita a urlare tutto il suo sdegno e su quell’altare vuole far sentire solo il desiderio di indignarsi, per essere quello che si è.

De Les affamées ne abbiamo parlato con l’autrice italiana.

«Silvia Gian, come è nato questo progetto?»

«Intanto tengo a precisare che questo libro non è un’autobiografia, anche se è profondamente mio. In questo testo mi sono messa molto a nudo, raccontando la mia visione del mondo. C’è un impegno politico e sociale in questo libro, una lettura aspra della società. Il progetto nasce dalla mia esperienza di vita e dall’incontro con altre donne. Per me scrivere questo testo è stata una necessità, far emergere questa voce interiore, che è anche una voce sociale».

«Perché lo hai scritto in francese?»

«Il francese non è la mia lingua materna e non è la lingua che insegno, questo mi ha dato una grande libertà. Così facendo, mi sono potuta fare capire dal mio nuovo mondo, dalla mia nuova famiglia d’adozione. Mi sono potuta raccontare in un modo più libero, perché mentre scrivevo mi trovavo in un contesto diverso, senza preoccuparmi di eventuali errori linguistici e libera da vari complessi legati alla mia lingua materna. Ho scritto cose che non avrei mai scritto in italiano. La lingua francese è stata una zona franca e questo mi ha dato una grande libertà espressiva».

«Farai la traduzione in italiano?»

«Probabilmente sì, ma solo l’idea mi lavora dentro, perché mi metterei a nudo in modo diverso e perché il tutto è già nato in francese, quindi sarebbe un’altra voce di me e un’altra voce sociale».

«Nel testo si parla molto del rapporto che abbiamo con il nostro corpo e soprattutto parli del corpo delle donne. Il tuo no ad un corpo femminile stereotipato e codificato dalla società è molto forte. Qual era il tuo obiettivo?»

«Invitare chi legge alla liberazione, invitare alla disobbedienza e provocare. È come se dicessi ai lettori e alle lettrici: «Lo vedi come siamo cresciuti? Con quali sovrastrutture? Con paura, maschilismo, discriminazione, sopraffazione… O ti ribelli, oppure diventeranno pure tue, diventerai un soldato passivo. Cosa vuoi fare?». Ho voluto dare voce alle donne affamate affinché tante si potessero riconoscere. Bisogna fare in modo che oggi faccia scandalo fare i complimenti ad una donna magra o che la donna grassa ci faccia solo ridere. Il controllo sociale e politico sulle donne passa dal controllo del loro corpo. È la società che ti dice come devi essere».

«Per buona parte del libro la protagonista è Elle, poi sul finire ci sono alcune testimonianze di altre donne. Perché?»

«È come un coro greco. Volevo dare spazio anche ad altre donne e non solo a Elle. Una conclusione collettiva dà un senso universale al problema e così non è solo la storia di Elle. È stato anche un modo per rendere giustizia alle tante donne che ho incontrato in questi anni».

«Perché questo titolo?»

«Non l’ho trovato subito, poi una folgorazione. È stata una evidenza».

«Come sta andando il libro?»

«Suscita interesse e non lascia indifferenti. Ti sposta l’anima e i pensieri, e piace anche agli uomini».

«Il prossimo progetto?»

«Voglio parlare di altro. Sto scrivendo un romanzo comico in italiano. Scrivo delle mie ossessioni, ovvero di musica e di gatti.».

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.