Jocelyn Bell Burnell e la pulsar del granchio in diverse bande di energia (NASA/Silicon Republic/Wikimedia Commons)

È il 1974, a Stoccolma si svolge la cerimonia di assegnazione del premio Nobel per la Fisica, conferito al Prof. Martin Ryle “per le sue osservazioni e invenzioni nel campo della radio-astronomia” e al Prof. Antony Hewish “per il suo ruolo decisivo nella scoperta delle pulsar”. C’è però un’assente illustre: la Dott.ssa Jocelyn Bell, che in quel momento si trova invece a Londra e combatte per conciliare la sua vita da neo-mamma con la carriera da ricercatrice. È lei l’effettiva artefice della scoperta, eppure il suo coinvolgimento in essa non viene neanche menzionato in quella importante occasione.

Nata nel 1943 a Lurgan (Irlanda del Nord), dopo essere andata contro ogni convenzione sociale durante la sua adolescenza, riuscendo a studiare materie come matematica e scienze naturali normalmente precluse alle ragazze nelle scuole dell’epoca, arriva a conseguire la laurea in Fisica all’Università di Glasgow nel 1965 con il massimo dei voti, unica donna in una classe di soli uomini. Viene quindi ammessa al dottorato all’Università di Cambridge, ed è una delle pochissime ragazze a raggiungere questo risultato. È proprio qui che Jocelyn Bell conosce il Prof. Hewish, suo supervisore, e nel 1967 fa la sua grande scoperta.
Bell, infatti, si occupa in prima persona della realizzazione di un enorme radiotelescopio all’Osservatorio radioastronomico Mullard. Si trattava, in sostanza, di un’antenna composta da una serie di pali e cavi elettrici su una superficie pari a circa 57 campi da tennis, capace di captare segnali radio provenienti dall’esterno dell’atmosfera terrestre. I dati venivano registrati con un sistema simile a quello degli odierni sismografi e la giovane dottoranda si ritrova perciò ad analizzare manualmente decine di metri di rotoli cartacei, e così facendo si accorge di un segnale regolare: una pulsazione che si ripete ogni 1.3 secondi circa. Mostra i dati ad Hewish, ma data l’estrema regolarità del segnale, questo viene inizialmente considerato di origine terrestre, frutto di qualche attività umana. Il giorno dopo, tuttavia, lo stesso segnale viene nuovamente registrato allo stesso tempo siderale, confermando la sua natura celeste.

Non sapendo assegnare una fonte a tale segnale, Bell e Hewish lo catalogano come LGM-1 - “Little Green Man”, per sottolinearne l’origine sconosciuta. Bell, però, è intenzionata a scoprirla e inizia una meticolosa ricerca: scopre così che anche altri astronomi hanno osservato segnali simili, che sono però stati ignorati. Lei stessa prova a cercarne di nuovi, studiando con il “suo” radiotelescopio altre regioni del cielo, ed in effetti li trova. Intuisce così che si tratta di un nuovo tipo di sorgenti non ancora conosciute, successivamente denominate “pulsating radio source”, “pulsar” in breve. Le pulsar sono un tipo esotico di stelle in cui una massa poco maggiore di quella del Sole è compressa in un raggio di circa 10 km, le cosidette stelle di neutroni. Quando una di esse è in rapida rotazione, poichè il suo campo magnetico è milioni di volte più intenso di quello del Sole, dai poli magnetici viene emesso un fascio di onde radio captato a Terra dai radiotelescopi ad ogni rotazione dell’oggetto, un po’ come succede con un faro. 
Si tratta di una scoperta incredibile, che rivoluzionerà la ricerca nel campo dell’astrofisica. I risultati del lavoro vengono pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature, ma il primo nome sull’articolo è quello di Hewish, e come già detto, sarà lui a venire insignito del premio Nobel per questa scoperta, 7 anni più tardi.
La Dott.ssa Bell non si lascia però intimidire da questa ingiustizia, per cui scoppia un’accesa controversia nella quale intervengono anche nomi illustri, come il celebre astronomo britannico Fred Hoyle. Senza mai cavalcare l’onda di questa polemica, persevera nel raggiungimento dei suoi obiettivi lavorativi, fino ad ottenere la cattedra di Fisica all’Open University nel 1991, diventando la seconda donna nel Regno Unito a ricoprire questa carica. Nel corso della sua brillante carriera ottiene diversi premi e riconoscimenti, tra cui la Medaglia Herschel della Royal Astronomical Society, di cui diventa la seconda donna Presidente nel 2002. Nel frattempo, lotta instancabilmente per i diritti delle donne nell’accademia e per abbattere le barriere dovute alle discriminazioni di genere. Quando nel 2018, all’età di 75 anni, viene insignita del prestigioso Special Breakthrough Prize In Fundamental Physics, devolve i 3 milioni di dollari del premio alla facilitazione dell’accesso alle carriere scientifiche per le donne, i rifugiati e i membri delle minoranze. In occasione di quella premiazione Bell aveva dichiarato:
"Sento di averci guadagnato, a non aver preso un Nobel. Se vinci un Nobel passi una settimana fantastica e poi nessuno ti premia con nient’altro. Se non lo vinci, vinci qualunque altra cosa. Praticamente ogni anno c’è stato qualche festeggiamento per un premio che ho vinto. È stato molto più divertente”