Anonimo, ritratto di Sophie Brahe, 1602.

Il nome di Tycho Brahe è, se non familiare, almeno noto anche a chi non conosce a fondo l’astronomia. Egli fu l’autore di misurazioni astronomiche che cambiarono per sempre questa scienza, fornendo la base per un’astronomia finalmente fondata su osservazioni, la cui precisione era dieci volte migliore di quella degli astronomi precedenti e contemporanei. Ma pochi sanno che Brahe aveva una sorella che lo assistette nelle sue osservazioni, Sophie.

Sophie Brahe nacque nel 1559 a Knudstrup, in Scania, nel sud della Svezia, ma allora facente parte della Danimarca, fu la più giovane di dieci figli di Otte Brahe, cavaliere e consigliere del re di Danimarca, e di Beate Bille, discendente da un’altra importante e nobile famiglia danese. Tycho istruì la sorella in orticoltura e chimica, ma non in astronomia, e fu lei stessa che si fece una cultura da autodidatta anche in questa disciplina. Oltre a studiare libri scritti in tedesco, Sophie Brahe si pagava di tasca propria le traduzioni dei libri che erano disponibili soltanto in latino, la lingua franca scientifica dell’epoca. Tycho era fiero di lei anche perché la loro famiglia non era affatto contenta del fatto che i due si fossero dedicati alla scienza, considerata un’occupazione poco adatta a dei nobili, e se questo veniva tollerato a malapena per un uomo, era assolutamente inammissibile per una donna. Ma Sophie, testarda, volle perseverare, suscitando l’ammirazione di Tycho, che la chiamava il suo animus invictus.

Sophie divenne assistente di Tycho quando era ancora adolescente. Infatti, già nel dicembre 1573, quando aveva soltanto 14 anni, i due osservarono assieme un’eclisse di Luna e scoprirono che le correzioni apportate da Tycho alle tavole pruteniche, elaborate nel 1551 dall’astronomo Erasmus Reihold, per predire quando il fenomeno si sarebbe verificato esattamente, erano ancora migliori di quanto Tycho avesse sperato. I due osservarono l’eclisse da Herrevad, non lontano da Knudstrup, con un bellissimo nuovo quadrante, una vera creazione artistica, in ottone dorato, costruito su ordinazione da specialisti di Copenaghen.

Sophia si sposò nel 1576, giovanissima, con Otto Thott, un ricco nobile più vecchio di lei di 16 anni e visse con lui nello splendido ambiente del suo castello di Ericksolm. Da lui ebbe un figlio, Tage, nato nel 1580. Dopo la morte del marito, nel 1588, governò da sola la sua proprietà e la fece fruttare finché il figlio fu grande abbastanza da prendere la sua strada. Nel frattempo divenne molto esperta in astrologia giudiziaria e una bravissima orticultrice, continuò gli studi di chimica e intraprese quelli di medicina, seguendo la dottrina di Paracelso. Si narra che i giardini da lei creati ad Ericksolm fossero magnifici.

A partire dal 1589 Sophie riprese ad assistere Tycho, recandosi più volte a Hven, dove il fratello aveva eretto i leggendari osservatori di Uraniborg (“castello celeste”) e Stjerneborg (“castello delle stelle”), con i fondi che la munificenza del re di Danimarca Federico II, a partire dal 1576, gli aveva messo a disposizione, e da cui egli partì per riformare l’astronomia.

A Hven, Sophie conobbe Erik Lange, un gentiluomo ricco, giovane e colto, appassionato viaggiatore. Sophie si innamorò di Lange, una scelta che purtroppo si rivelò scriteriata. Infatti, appassionato di alchimia, Lange stava rapidamente dilapidando le sue considerevoli sostanze nel desiderio di realizzare il sogno di tutti gli alchimisti, trasformare il vile metallo in oro. Nel 1590 i due si fidanzarono sfidando le obiezioni di tutta la famiglia e di tutti i fratelli e le sorelle, con la significativa eccezione di Tycho ma, nello stesso anno, Lange fu costretto a vendere la sua proprietà di Engesholm per ripianare i suoi debiti. Ma neppure questo era bastato per soddisfare tutti i creditori, per cui egli fu condannato agli arresti domiciliari. Naturalmente i due non potevano sposarsi, perché altrimenti c’era il rischio che i creditori mettessero le mani anche sulla fortuna di Sophie. Nel 1592 Tycho fece rifugiare Lange a Hven e in seguito lo aiutò a fuggire dalla Danimarca. Sophie, sconvolta e assediata dai creditori nel suo castello di Eriksholm, cercò più volte rifugio e conforto a Hven. Ma alla fine anche le sue sostanze furono dilapidate.

Sophie rivestì anche un ruolo di rappresentanza nelle partecipazioni a celebrazioni di nozze, battesimi e funerali di aristocratici. Infatti Tycho, mostrando ancora una volta il suo carattere anticonvenzionale, si era innamorato di una ragazza non nobile, Kirsten Jorgensdatter, figlia di un pastore. Decise di sceglierla anche come compagna per la vita, probabilmente perché la sentiva molto più vicina a sé, con uno sfondo familiare e un’istruzione non troppo dissimile dai suoi. Quindi, contro il parere di tutti, iniziò a vivere con lei fin dal 1572; pur non potendola sposare, per la legge dell’epoca, consumò con lei quello che l’antico diritto vichingo, ancora in vigore, riconosceva come matrimonio morganatico. Tuttavia, mentre Kirsten diventò la signora indiscussa e la padrona di casa di Hven, per le visite importanti e le occasioni veramente ufficiali non poteva farsi vedere; per esempio, quando fecero visita a Hven la regina Sofia o Giacomo VI di Scozia, fu Sophie a fare gli onori di casa e presenziare agli splendidi banchetti e alle cerimonie organizzate da Tycho.

Sophie continuò ad assistere Tycho finché il fratello non fu costretto, per dissapori sopraggiunti col re, a lasciare la Danimarca, nel 1597, aiutandolo a registrare le posizioni dei pianeti e a produrre oroscopi. Essi compilarono dati per interi decenni producendo la raccolta più accurata di osservazioni di posizioni planetarie relative alle stelle di sfondo che fosse mai stata realizzata.

Dopo che il fratello si fu trasferito a Praga, alla corte dell’Imperatore Rodolfo II, nel 1599 Sophie riuscì a raggiungere Lange ad Amburgo, ma i due non si sposarono se non l’anno dopo la morte di Tycho, nel 1602, a Eckenrförde, sul Mar Baltico, vicino Kiel. Essi vissero in quella città in estrema povertà: in una lettera alla sorella Marghrethe, Sophie scrisse che il giorno delle nozze portava delle calze con dei buchi e che ritornando dal matrimonio il marito aveva dovuto consegnare il suo vestito a un banco di pegni perché non potevano permettersi di tenerlo. Nella lettera esprimeva anche il rammarico perché la sua famiglia, essendo contraria ai suoi studi scientifici, la privava di quanto le era dovuto.

Il suo secondo marito morì nel 1613 e nel 1616 lei tornò in Danimarca e risiedette ad Helsingør, dove Shakespeare ambientò il suo Amleto. Spese i suoi ultimi anni scrivendo la genealogia delle famiglie nobili danesi. Questo lavoro, di 900 pagine, fu pubblicato nel 1626 ed è ancora considerato una fonte significativa di informazione per la storia antica della nobiltà danese. Morì ad Helsingør nel 1643, alla bella età, soprattutto per l’epoca, di 84 anni.