Il 18 giugno 1962, un razzo-sonda viene lanciato da White Sands (USA) con lo scopo di osservare la radiazione X emessa dal Sole. Il segnale registrato, tuttavia, è talmente potente che Riccardo Giacconi e Bruno Rossi, i due astrofisici italiani alla guida del progetto, pensano inizialmente che si tratti di un malfunzionamento della strumentazione.

Così non è: test successivi dimostrano che è proprio una sorgente extra-solare di radiazioni, oggi nota come Scorpio X-1, la più luminosa sorgente di raggi X tuttora osservata. È la nascita di una nuova era dell’Astronomia.

Giacconi si era unito a Rossi all’American Science & Engineering nel 1959, all’età di 28 anni. Nato a Genova nel 1931, si laurea a Milano sotto la guida del Prof. Giuseppe Occhialini e si reca poi in USA grazie ad una borsa di studio per eseguire esperimenti sui raggi cosmici, prima all’università dell’Indiana e dopo a Princeton. Frustrato però per la mancanza di risultati in questo campo, si interessa alla nascente astronomia ai raggi X, la cui attenzione è in quegli anni rivolta verso il Sole.

Giacconi si rende conto fin da subito della necessità di innovare la strumentazione esistente, al fine di poter scoprire nuove sorgenti di raggi X e capisce che è necessario realizzare un telescopio capace di osservare questo tipo di radiazione. In collaborazione con Rossi, elabora la “ricetta” per la costruzione di tale strumento, pubblicandola nel 1960. Nel frattempo, si dedica al miglioramento dei rivelatori da montare sui razzi-sonda e, nel 1962, grazie ai contatori proporzionali messi a punto dal suo team, viene osservata Scorpio X-1.

Sulla scia di questa scoperta, il giovane italiano presenta al capo del Dipartimento di Astronomia della NASA, Nancy Roman, un programma in cinque punti per lo sviluppo dell’astronomia X da satellite. Intanto, dopo la scoperta delle pulsar radio da parte di Jocelyn Bell e Anthony Hewish nel 1967, gli scienziati del Naval Research Laboratory di Washington ideano un esperimento che permetta di osservare pulsazioni in banda X. Nel 1969 registrano il primo segnale pulsato in X dalla Nebulosa del Ganchio (o “Crab”), risolvendo di fatto l’enigma alla base della grande quantità di energia emessa dalla nebulosa: è una stella di neutroni in rotazione con un intenso campo magnetico il motore di quell’emissione. Grazie anche a questi straordinari risultati, il programma di Giacconi viene accettato con entusiasmo.

Il primo satellite esplorativo interamente dedicato alla rivelazione di raggi X viene lanciato dalla piattaforma petrolifera San Marco, 3 miglia al largo della costa del Kenya, alle 12 del 12 Dicembre 1970, dopo una notte di ritardi e malfunzionamenti che tiene Giacconi, la project manager Marjory Towsend e il loro team di fisici e ingegneri con il fiato sospeso. Il satellite viene ribattezzato Uhuru, ossia “libertà” in swahili, sia perché lanciato il giorno dell’anniversario dell’indipendenza del Kenya, sia perché rappresenta l’apertura definitiva verso un nuovo campo di ricerca astronomica. In soli tre anni di missione, Uhuru porterà alla catalogazione di ben 339 sorgenti di raggi X.

Alla ricerca di una spiegazione sulla natura delle sorgenti pulsanti in X, Giacconi e i suoi collaboratori sviluppano nuove tecniche di analisi per i segnali periodici e decidono di applicarle ai dati raccolti da Uhuru su Centaurus X-3, scoperta qualche anno prima. La periodicità del segnale X è evidente: ogni 5 secondi circa si osserva un rapido aumento dell’intensità registrata con un successivo declino più lento. Il periodo di pulsazione, circa 100 volte maggiore di quello osservato per la Crab a (quasi) parità di energia emessa, suggerisce però che una stella di neutroni in rotazione non può sostenere da sola l’emissione proveniente da Centaurus X-3. Si fa largo, dunque, l’idea che la sorgente sia un sistema binario in cui una stella “regolare” perde materia alimentando la stella di neutroni.

Questa ipotesi viene confermata dalla scoperta di una variazione del periodo di pulsazione, anch’essa periodica e riconducibile all’effetto Doppler dovuto alla presenza di un secondo corpo orbitante, ossia la stella compagna. La presenza di quest’ultima viene evidenziata anche dall’osservazione di eclissi: ogni due giorni circa, infatti, il segnale X scompare per riapparire 12 ore più tardi, segno che un oggetto molto massiccio scherma periodicamente la radiazione proveniente dalla stella di neutroni. Si tratta della prima pulsar X in accrescimento mai osservata, una sorgente in cui l’intenso campo magnetico della stella di neutroni (trilioni di volte maggiore di quello della Terra) cattura la materia cedutale dalla stella compagna e la incanala fino ai poli magnetici, dove, ricadendo sulla superficie, viene riscaldata fino a milioni di gradi, emettendo raggi X. Come per le pulsar radio, la radiazione X così emessa è collimata e viene osservata al periodo di rotazione dell’oggetto (cosiddetto effetto faro). Sorgenti di questo tipo rappresentano un eccezionale terreno di studio per comprendere la fisica che governa oggetti affascinanti come le stelle di neutroni.

Dopo aver ottenuto molteplici riconoscimenti, tra cui la Medaglia d’Oro della Royal Astronomical Society, all’età di 71 anni Riccardo Giacconi viene insignito del Premio Nobel per la Fisica (2002) "per i contributi pionieristici all'astrofisica, che hanno portato alla scoperta di sorgenti cosmiche di raggi X".